Originaria dell’aria mediterranea, della Russia centrale e meridionale, ma anche dell’Asia Minore e della Persia, la liquirizia è una pianta erbacea perenne e stolonifera, appartenente alla famiglia delle Leguminoseae. La sua radice è uno dei rimedi naturali più diffusi ed anticamente conosciuti. In Italia la liquirizia trova localizzazione quasi esclusivamente nella Regione Calabria dove si concentra circa l’80% della produzione nazionale, principalmente proviene dalla zona costiera della Calabria, l’area di maggiore trasformazione è situata nei comuni di Rossano e Corigliano.
Molte delle attività farmacologiche della liquirizia sono infatti note da secoli: oltre ad essere un noto rimedio della medicina dell’antico Egitto e dell’antica India, la liquirizia era ben nota alla medicina greco-romana, che la apprezzava per le sue proprietà emollienti, bechiche, espettoranti, blandamente diuretiche e lassative.
Il termine Glycyrrhiza deriva proprio dal greco “glicos – rhizos” che significa “radice dal gusto dolce” e la pianta ha sempre destato un grande interesse sia per il suo gusto che per il suo valore come pianta officinale. Possiede un apparato radicale particolarmente articolato, capace di ricoprire aree di diversi metri quadrati: dalle radici principali, lunghe circa 15 cm, si dipartono infatti numerose radici secondarie e stoloni, che si estendono orizzontalmente anche per 1-2 metri e producono rami aerei in punti lontani dalla pianta madre. La parte utilizzata della pianta è appunto rappresentata dai rizomi (stoloni) e dalle radici raccolti in autunno.
Le radici e gli stoloni tagliati a pezzi, vengono lasciate fermentare per un certo periodo di tempo per favorire la colorazione gialla e migliorare anche altre caratteristiche organolettiche.
Tra le diverse varietà, tre vengono coltivate comunemente per la produzione di liquirizia: la Glycyrrhiza glabra L. var. typica, Reg. et Her. (in Italia, Grecia, Spagna e Iran), la Glycyrriza glabra L. var. glandulifera Wald et Kit. (spontanea in Ungheria, Russia centrale e meridionale) e la varietà cinese G. uralensis.
Cosa contiene: saponine triterpeniche quali la glicirrizina (sale di ammonio e di calcio dell’acido glicirrizico, detto anche glicirrizinico) ,flavonoidi, calconi, triterpeni e steroli, cumarine, amminoacidi, lignina, 5-14% zuccheri, amine, gommo-resine, cere, tannini, un olio volatile, principi amari.
A cosa serve: grazie al farmacista olandese Revers nel 1946 venne evidenziata la capacità di questa radice di calmare non solo la tosse, ma anche il bruciore gastrico legato alla presenza di irritazioni della mucosa ed ulcere. Pur non essendo ancora stato del tutto chiarito il meccanismo d’azione specifico antiulcera, l’efficacia terapeutica della liquirizia è stata più volte dimostrata clinicamente e sperimentalmente. Parte dell’efficacia nel trattamento dell’ulcera è sicuramente legata all’indubbia azione antinfiammatoria della pianta, che vede protagonisti l’acido glicirrizico ed il suo aglicone (ac.glicirretinico). Tra i principi attivi responsabili dell’azione antiulcera, oltre alla glicirrizina, figurano sicuramente i flavonoidi, che conferiscono alla droga un’azione spasmolitica e antiinfiammatoria sul tratto gastrointestinale, oltre ad avere un’azione protettiva nei confronti della mucosa gastrica. Grazie ai suoi principi attivi la liquirizia possiede la capacità di promuovere la secrezione del muco protettivo, favorendo i processi di riparazione della mucosa. Per la sua capacità di aumentare la produzione di muco a livello gastrico, accelerare la cicatrizzazione, alleviare il dolore, prevenire le recidive, la liquirizia viene indicata nel trattamento delle gastriti e delle ulcere peptiche.
Ma la liquirizia possiede anche:
- attività emolliente, espettorante e secretolitica, che la rendono preziosa nel trattamento delle forme infiammatorie e catarrali a carico delle vie aeree superiori quali tosse e catarri bronchiali. Ma la sua efficacia nelle patologie invernali non si limita alla tosse. Essendo dotata di una leggera azione immunostimolante, la liquirizia potrebbe migliorare l’efficienza delle difese immunitarie riducendo gli episodi di infezione durante la stagione fredda.
- attività antinfiammatoria, legata alla presenza della glicirrizina e dell’acido glicirretinico, simile in efficacia a quella del cortisone. I preparati per uso topico (creme, pomate, gel) trovano impiego nel trattamento di affezioni della pelle a carattere irritativo, ulcerativo ed allergico, come l’eczema, la psoriasi, le dermatiti da contatto e le dermatiti allergiche. Sotto forma di infuso può essere impiegata come antalgico nelle infiammazioni del cavo orale, dalle afte alle gengiviti.
- attività lassativa leggera: essendo una saponina, la glicirrizina può essere utile in caso di stipsi, per favorire l’ammorbidimento delle feci eccessivamente compatte. Le radici di liquirizia rientrano così nella composizione di miscele lassative.
Curiosità: Per il suo alto potere dolcificante, dovuto alla glicirrizina, pari a 50-80 volte quello del saccarosio, la liquirizia può essere impiegata come dolcificante e correttivo del sapore.
Come utilizzarla: In infuso: 1,5-2 gr di radice finemente tagliata o contusa per 150ml di acqua bollente, prolungando l’infusione per 10-15 minuti prima di filtrare. Se ne consiglia l’assunzione di una tazza mezz’ora prima dei pasti. In tintura madre : 35 gtt in poca acqua , 3 volte al giorno.
Qualche cautela: Pur trattandosi di una pianta sicura è bene evitare i trattamenti prolungati – superiori alle 4-6 settimane – per evitare fenomeni di tossicità cronica. In questi casi è sufficiente sospendere tempestivamente la somministrazione perché i sintomi regrediscano rapidamente. L’uso di preparati di liquirizia è assolutamente sconsigliato in caso di ipertensione ed ipopotassiemia, nelle epatiti croniche, nella cirrosi epatica, nell’insufficienza renale. L’uso è controindicato anche in caso di utilizzo di farmaci antiipertensivi, diuretici o cardiovascolari. Evitarne l’uso scopi terapeutici sia in gravidanza che in allattamento.
Attenzione: ad alte dosi, non utilizzate normalmente nel trattamento, la liquirizia potrebbe causare ipertensione, aumento della ritenzione idrica con formazione di edemi soprattutto nel viso e nelle caviglie. Gli estratti di liquirizia possono potenziare la perdita di potassio determinata da alcuni farmaci diuretici come le tiazidi e i diuretici dell’ansa. La perdita di potassio può aumentare la sensibilità ai glucosidi digitatici cardioattivi.
Nero, aromatico e invitante: il succo di liquirizia
Dai rami di liquirizia, sminuzzati in un apposito macchinario e ridotti in “poltiglia”, si estrae un succo – denso, nero e profumato – tramite prolungata bollitura in grandi caldaie dove il liquido si fa addensare finché, sotto l’attento controllo di un “mastro liquiriziaio”, il materiale ottenuto viene sottoposto a lucidatura mediante forti getti di vapore d’acqua. Il prodotto si taglia quindi nelle forme desiderate (cilindretti, bastoncino, tonde, schiacciate) e si confeziona in eleganti scatolette. Il gusto è leggermente amarognolo, astringente e aromatico.
La liquirizia così ottenuta viene impiegata in diversi settori industriali (particolarmente in quella dolciaria) per la produzione non solo di caramelle, ma anche sciroppi, tisane e liquori.
Stefania La Badessa, nota sul web con il nome del suo alter-ego Fitogirl, è una farmacista calabrese, scrittrice, pubblicista, esperta di piante medicinali e medicine complementari – note fino a qualche tempo fa come “alternative” e più recentemente definite “integrate” – che poi è una definizione generica per racchiudere tutte le varie tipologie di cura naturali, dall’omeopatia all’ayurveda, dall’agopuntura al reiki.
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