Vicia faba.
Le fave sono un legume antichissimo.
Si dice che fossero precedenti a Demetra intendendo con ciò che fossero conosciute gia dalle culture precerealicole ed in questo senso le fave hanno assunto un significato loro particolare.
Esse sono carne vegetale, rappresentano il corpo sanguigno. Cibarsi di fave era come nutrirsi di carne e sangue, come bestie feroci. Le fave erano frutti del corpo; sembra che siano gli unici legumi che Demetra non portò in dono ai Fenati quando giunse nella loro città ed ella le aveva escluse da tutti i riti che la riguardavano e vietate ai sacerdoti di Eleusi; anche i pitagorici e gli orfici le escludevano dalla loro dieta perché portavano un 《sacro segreto》. Quale fosse questo segreto si può solo congetturare.
Esse appartengono ad un mondo mistico preculturale; gia 8 o 10 mila anni prima di Cristo si consumavano fave ed esse rientravano anche in alcuni riti preellenici di cui ci sono giunte delle eco. Le fave andavano a comporre corredi funebri e venivano usate come mezzi divinatori che basavano su principi di casualità o caoticità i propri responsi e vennero quindi esclusi nelle culture più positiviste e razionali dei secoli successivi. Subirono quindi un processo di esclusione dal divino diventando l’origine ed il seme del “Terreno”, del “Materiale”. Questa loro caratteristica si tramandò nei secoli ed esse vennero usate ad esempio nelle votazioni o in alcune tradizioni come tombole di estrazione, di casualità.

In Sicilia chi voleva maritarsi nascondeva tre fave sotto il cuscino; una intera, una spogliata del tegumento esterno ed una morsicata ed al mattino ne estraeva una, quale avesse estratto vaticinava il tipo di matrimonio che le sarebbe toccato in sorte: ricco, povero o mediocre. In Francia esisteva la tradizione della “galette des rois” in cui una fava nascosta nell’impasto delle gallette toccava in sorte ad un “re per un giorno” che aveva il diritto di elleggere la sua consorte e avrebbe ottenuto fortuna salute e saggezza per un giorno appunto; da qui nasce il detto “trovare la fava nel dolce” con il duplice significato di, fare una scoperta geniale ed anche un affare redditizio.

Alimentarmente le fave contengono il 23% di protidi ed il 55% di glucidi e sono quindi ottimi nutrienti e l’uomo le coltiva fin dall’eta del bronzo ed é dalle fave che ha appreso l’utile pratica del sovescio; l’uomo si è accorto che interrando le parti verdi della pianta alla fine della raccolta si otteneva una crescita piu rigogliosa ed un miglior raccolto l’annata successiva e cominciò a praticare questa tecnica sistematicamente.
Le fave, come tutte le leguminose, sono in grado, grazie ad una simbiosi radicale, di fissare l’azoto atmosferico e di incorporarlo ai suoli e rappresentano il miglior mezzo per l’ingresso di questo importantissimo elemento all’interno dei cicli biologici.
L’azoto costituisce il 78% della composizione dell’aria che respiriamo ed é il 4* elemento per abbondanza nel nostro corpo di cui ne costituisce circa il 3%. É fondamentale perché partecipa alla composizione del DNA e delle proteine ma noi non lo possiamo utilizzare direttamente nella sua forma gassosa.
Alcuni batteri presenti nelle radici delle leguminose possono ridurre l’azoto atmosferico (N2) e trasferirlo al suolo rendendolo assimilabile dalle piante e permettendone l’ingresso nella catena alimentare.
É noto il divieto pitagorico al consumo di fave. La colpa filosofica delle fave era l’origine infera, carnale e cadaverica ma aveva anche motivi pratici.
Il tabù sul consumo di fave ha molte possibili interpretazioni; rappresenta un modo per unire i seguaci della setta pitagorica sotto un regime alimentare arbitrario per rafforzare l’identità gregaria, come ad esempio il divieto di spezzare il pane; da continuità a rituali sciamanici che identificavano le fave come viatici per l’oltretomba; risponde alle esigenze filosofiche che volevano le fave simili alla carne e quindi ancore per il mondo materiale che impedivano allo spirito di emanciparsi; ed infine, molto più prosaicamente mette in guardia dalla minaccia rappresentata dalle fave.
Uno delle patologie congenite più frequenti (quasi un quindicesimo della popolazione mondiale ne soffre) è un difetto in un enzima (qualitativo o quantitativo) fondamentale dei processi metabolici che porta al malfunzionamento di uno o più aspetti del circolo ematico. La glucosio-6-fosfato deidrogenasi (questo il nome dell’enzima) é coinvolta nella formazione dei globuli rossi e una sua carenza o una mala struttura può causare anemia emolitica.
Favismo, anemia mediterranea, sferocitosi etc.
Chi é carente di questo enzima non necessariamente é affetto da favismo ma chi é malato di favismo ha certamente una carenza di questo enzima e l’esposizione ad alcune sostanze ossidanti presenti nelle fave (anche nel solo odore) può causare delle crisi emolitiche molto gravi.
Per questo ad esempio si devono segnalare le zone di coltivazione e spesso si trova indicata la presenza di fave all’ingresso dei supermercati.

Una leggenda racconta che Pitagora preferì farsi raggiungere e catturare da inseguitori armati piuttosto che attraversare un campo di fave per salvarsi; chissà forse era egli stesso affetto da favismo.

Il favismo, come l’anemia falciforme sono espressioni della carenza dell’enzima di cui si parlava sopra e presentano una distribuzione geografica non uniforme. Il massimo dell’incidenza si ha nella regione africana e sud asiatica. L’areale della malattia si sovrappone molto bene all’areale di influenza della malaria. Si é scoperto infatti che la carenza di glucosio-6-fosfato deidrogenasi porta ad un’innata resistenza al plasmodio della febbre malarica.
Quando ragioniamo in termini globali dovremmo fare attenzione a cosa consideriamo malattia.

Massimo Luciani

Massimo Luciani

Se possiedi 2 monete con la prima compra del pane perché tu possa sopravvivere. Con la seconda, un fiore perché valga la pena farlo.
Sono perito chimico-biologico ed ho conseguito 2 titoli universitari in tutela dell’ambiente e gestione dell’agroecosistema. Oggi mi occupo di monitoraggio ambientale in campo industriale ma ho sempre coltivato con passione la cura dello studio naturalistico. Gestisco un blog con qualche migliaio di utenti che si prefigge lo scopo di esplorare l’interazione uomo natura affinché sempre più persone possano porre attenzione allo stupefacente, improbabile, eccezionale luogo in cui tutti noi viviamo; il pianeta Terra.